Marta e il gelato del pomeriggio

Silvio Natali è un artista atipico, nel senso che non si è formato nei ranghi tradizionali dell'arte, nelle accademie o a contatto diretto con dei maestri, ma solitario, da autodidatta, e, siamo convinti, "per necessità". Ci spieghiamo meglio. Quella di Natali è la necessità di chi cerca nell'espressione artistica un'ulteriore possibilità di chiarimento, e spera, attraverso essa, di conseguire emozioni e sviluppi di verità, per se stesso, per l'esistenza. In altra occasione abbiamo accennato al fatto che, curiosamente, la pittura di Natali può, in un certo senso, considerarsi "esercizio di evasione". Non c'è contraddizione in ciò: nel suo caso, e questa è la curiosità, l'evasione corrisponde a un atteggiamento di straordinario impegno. E l'impegno è appunto la conoscenza di sé, del proprio vissuto, di situazioni che sono accadute o che potrebbero accadere; un impegno riflessivo e di indagine interiore, che si realizza attraverso l'esercizio artistico, con la pittura, nei segni, nel disegno, nel colore, nella suggestione evocativa di certe combinazioni e, perché no?, nel divertimento della casualità, che spesso concorre al medesimo risultato di conoscenza e di scoperta. È caso piuttosto raro che questo tipo di necessità, e di ricorso all'arte, si manifesti ed avvenga in individui che, in fondo, non praticano l'arte in senso specialistico, o quantomeno che non si sono avvicinati ad essa con tale atteggiamento, né sono cresciuti come bonzi all'interno della sua specifica cultura avvertendo quel senso di predestinazione che è insito in ogni vocazione, ma per necessità sopraggiunta. Ci è capitato di incontrarne qualcuno e ogni volta abbiamo riscontrato, come prowidenzialità connessa, un risultato di originalità; nelle opere, intendiamo dire. La ricerca di Natali si svolge entro una sfera così intimista e autobiografica che, proponendosi, con il pudore e la timidezza connaturati alla sua indole, suscita istintivamente nell'osservatore una sensazione di intrigante intromissione. Si intuisce che i titoli, curiosi ed ironici, vengono aggiunti alle opere come optional, non tanto per darne una chiave di lettura o rivelare specifiche storie, ma piuttosto per suggerire il clima in cui l'opera si è "aggregata". Parliamo di aggregazione perché, malgrado le opere di Natali brulichino di elementi, non si può dire che siano "costruite" con criteri compositivi stabiliti; ne è dimostrazione il fatto che, quasi sempre, sono prive di un centro o di uno schema compositivo individuabile. Si potrebbe paragonarle a certe tavole di Jacovitti, gremite di immagini e vignette, ma dietro all'apparente amenità che anche il colore stesso, vivo e festoso, potrebbe suggerire c'è più serietà ed ansia di quanto si immagini. A questo proposito viene da osservare che comunque l'effetto generale delle tele di Natali, delle tele soprattutto, è allegro, piacevole, più che nei precedenti disegni che mostravano invece incrinature di inquietudine e persino d'angoscia. Perché questo? Che si sia interrotta nella pittura una continuità tra desiderio espressivo e risultato visivo? Non lo crediamo. Sembra invece di individuare anche in ciò una volontà spontanea, automatica e consequenziale, di far prevalere su tutto una sensazione di gaia serenità, che se non corrisponde esattamente alle attitudini del Nostro certo riflette un desiderio, una sua visione ideale, che ha e che vuol nutrire attraverso l'arte. Il colore, che sopraggiunge caldo ed esuberante, può essere rivelatore di tale situazione. Un'altra ragione che verosimilmente spinge Natali a questo tipo di invenzione figurativa è quella di salvaguardia di unità, a livello di coscienza, e quindi di identità, che sopperisce, e in qualche modo scongiura il pericolo, che sempre incombe, di una frantumazione del vissuto in tanti piccoli pezzi che risultano irrecuperabili per una storia e per un senso. A questo sembra renderci partecipi l'espressione di Natali, con una strategia sorniona ed ammiccante d'ironia che promette misteriosi ed avvincenti sviluppi. Il suo strano e interessantissimo "paesaggismo", riferito a una geografia interiore, psicologica, a nostro avviso suggerisce queste ipotesi, ed altre ancora che, proprio per l'originalità che dimostrano, restano a noi indecifrabili: perché, non va dimenticato, la generosità dell'arte è tale che le sue ragioni, quasi sempre, non hanno confini.

Lucio Del Gobbo